· · Progetto e Sperimentazione di
Strutture · Progetto di Ponti e Viadotti · · ANALISI FEM – PROCEDURA PER · Marco Bozza · · INTRODUZIONE · Processo
di definizione del modello strutturale · Criteri
di ottimizzazione del modello numerico · Gestione del processo di analisi
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· INTRODUZIONE
Nella Teoria dei Ponti si sono sviluppate un grande
numero di teorie specializzate che, partendo da ipotesi cinematiche o statiche
avanzate a priori, in quanto verosimili o verificate sperimentalmente,
consentono di trattare, in forma sintetica, e con limitati sviluppi di
calcolo, problemi complessi. Il maggior pregio di tali formulazioni sta nel
cogliere con immediatezza gli aspetti meccanici essenziali che governano il
comportamento di una struttura e di tradurli in formulazioni analitiche
adatte a sviluppi in forma chiusa o ad essere risolte mediante tabelle,
grafici, superfici di influenza, resi di ampia generalità applicativa grazie
ai procedimenti di adimensionalizzazione (Massonet) o di normalizzazione
(Homberg). In ambiente progettuale questi metodi non hanno perso nulla della
loro validità. Infatti oltre all'impiego diretto nelle forma note, le stesse
classi di ipotesi e la stessa capacità di sintesi restano una guida
fondamentale per l'impostazione di modellazioni basate su procedimenti
risolutivi generali, primo su tutti il Metodo degli Elementi Finiti. I moderni metodi dell'analisi strutturale, basati su
questa procedura, partendo da impostazioni teoriche generali, sono
potenzialmente in grado di affrontare problemi comunque complessi. Tuttavia,
dalla teoria di Massonet sulla ripartizione trasversale dei carichi, ad
esempio restano valide le ipotesi di assimilare l'impalcato ad una piastra
ortotropa, i criteri per determinare le rigidezze diffuse di piastra, i
parametri adimensionali per la classificazione delle deformabilità
trasversale e del grado di efficienza a torsione. Impostato il problema in
questi termini, la sua soluzione con Elementi Finiti di Piastra o con
Elementi a Striscia Finita sviluppa in forme diverse la sola parte
algoritmica. Naturalmente con le grandi potenzialità proprie delle soluzioni
numeriche, oltre al problema base, si possono analizzare modelli strutturali
con geometrie e condizioni di carico complesse. Processo di definizione del modello strutturale
L'impostazione di un problema strutturale nasce dall'esame dei piani costruttivi. Questi contengono normalmente informazioni varie, molte delle quali volte a precisare tecniche e particolari costruttivi, modalità di funzionamento, limiti di utilizzo, ecc. Fra tali informazioni vanno selezionate quelle utili alla definizione del sistema strutturale, cioè delle parti di cui si vuole conoscere il comportamento meccanico, statico o dinamico. Nel caso specifico dei ponti tale sistema coincide con la totalità del manufatto. L'analisi strutturale di un ponte o di un viadotto è riconducibile ad una di quelle elencate di seguito:
- Statica o Stazionaria - Buckling (Analisi dell'Instabilità) - Dinamica (Analisi Modale, Analisi della Risposta in
frequenza, Analisi in Regime transitorio) - Lineare -Non Lineare (per materiale, per geometria, per
vincoli) La struttura di un ponte è di per sé solida, e questo
richiederebbe un'analisi tridimensionale (analisi 3D). Tuttavia, in alcuni
casi per evidenziare il comportamento strutturale lungo una direzione
specifica (trasversale o longitudinale) risulta più agevole, ed in generale
anche più significativo, fare riferimento a modelli strutturali ridotti: - in strutture con parti a prevalente sviluppo lineare
si adottano elementi monodimensionali (1D), disposti nel piano o nello spazio
(impalcati con nervature irrigidenti, graticci di travi); - in strutture piane elementi bidimensionali (2D) a
lastra o a piastra (solette di impalcati, impalcati a cassone) - nelle strutture massiccie si fa ricorso a modelli
solidi mediante l'utilizzo di elementi tridimensionali (3D), verificando però
se non sia possibile risparmiare all'analisi comportamenti prevedibili a
priori, come nel caso delle strutture assialsimmetriche (pile di viadotti). Possono tuttavia esistere delle situazioni nelle quali
certi comportamenti globali sono ben colti da un tipo di modello (per esempio
1D), mentre comportamenti locali richiedono analisi di dettaglio, impostate
su modelli più complessi. In questi casi è utile disporre di una famiglia di
modelli caratterizzati da diversi livelli di dettaglio, con la possibilità di
collegare trasversalmente i risultati ricavati con vari schemi. Criteri di ottimizzazione del modello numerico
Svolte le opportune valutazioni preventive, si può passare alla creazione del modello o della famiglia di modelli, tenendo conto delle caratteristiche della struttura, riconducibili a: geometria, materiali, rigidezze, vincoli, azioni. Nel momento della suddivisione in elementi finiti nascono i seguenti problemi:
- tipo di elemento da utilizzare - quanti elementi impiegare - come realizzare la suddivisione (meshatura) - che forme distorte possono assumere gli elementi
rispetto alla loro configurazione base Si elencano di seguito i seguenti accorgimenti (NAFEMS,
Schrefler, Cannarozzi, 1991): - Esaminato il tipo di struttura e stimata una
verosimile distribuzione di sforzi, usare gli elementi di tipo più semplice e
nel numero ritenuto strettamente necessario. - Riprodurre tutta la struttura da esaminare, senza
escludere ad arbitrio parti che, non essendo caricate, appaiono prive di
sensibili stati di tensione. - Cercare di allineare i contorni degli elementi con i
bordi della struttura e con le direttrici prevedibili per gli sforzi
principali. - Non adottare elementi con rapporti di forma (rapporto
b/a tra i lati degli elementi) esasperati o distorsioni eccessive: l’indice
di distorsione D deve essere D ³ 0,2 essendo per elementi piani
e per elementi solidi
- Addensamento della mesh nelle zone a più elevato gradiente
di tensione, curando la transizione in modo da evitare brusche variazioni
nella dimensione degli elementi. - Nei test, la mesh è da considerarsi buona se piccole
variazioni della sua configurazione iniziale producono piccole variazioni dei
risultati. - Prima di esaminare lo stato tensionale, controllare
che i risultati siano accettabili in termini di spostamenti, e verificare
l'equilibrio globale tra carichi e reazioni vincolari. - Porre attenzione a non attribuire al sistema
continuità che non possiede (collegamenti chiodati, saldature a punti,
connessioni particolari). Queste zone vanno modellate a parte e con legami
costitutivi adeguati. Gestione del processo di analisi
La gestione del processo di analisi va valutata anche sotto l'aspetto economico, tenendo conto delle disponibilità di risorse nel bilancio previsto per la totalità della progettazione. A questo proposito è utile distinguere il caso in cui si debba svolgere una singola analisi, dal caso in cui il modello sia destinato ad un uso continuativo per seguire l'evoluzione del progetto o le sue varianti. E' naturale che nel secondo caso si dovrà tendere ad un compromesso tra l'economia di esercizio del modello e la sua flessibilità ad adattarsi all'evolvere delle situazioni. Va anche distinto il caso in cui il modello sia destinato a sole analisi elastiche statiche o anche ad analisi dinamiche in regime transitorio, o ancora ad un calcolo non lineare iterativo o incrementale-iterativo. Il maggior onere richiesto da questi sviluppi induce a creare modelli più semplici e schematici in grado di cogliere la sostanza del problema da analizzare, in luogo di modelli molto dettagliati, ma improponibili per calcolazioni ripetitive. E' utile, inoltre, predisporre una serie di schemi di calcolo, o anche veri e propri modelli per compiere in parallelo analisi semplificate. Da studiare è anche l'organizzazione dei risultati e il tipo di documentazione che li accompagnerà. Importante può essere infine l'organizzazione e la gestione dell'archivio dei modelli esaminati sia per documentazione, sia per l'esecuzione di elaborati a valle (verifiche si sezioni, disegni, ecc.) |
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